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  ’ntrocchia
  Genealogia della vaiassa


Facciamo un po' di luce sulla 'ntrocchia

di Raffaele Bracale

 

 

Con l’espressione figlio ’e ’ntrocchia nella lingua napoletana si suole indicare il giovanetto sveglio, furbo, pronto di mente e d’azione, capace di destare l’ammirazione per la prontezza della sua mente, e — per contro — la preoccupazione per l’immediatezza delle sue azioni capaci di procurar danno.
Ad ogni buon conto l’espressione, pur offensiva, ha una sua valenza positiva, anche se è usato eufemisticamente a significare figlio di zoccola, seu di puttana,
partendo dall’assunto che un figlio generato da donna di malaffare, e perciò cresciuto in un ambiente malfamato, che costringe ad esser furbi, desti e pronti di mano e di mente, debba necessariamente venir fuori a tali caratteri educato. Resta comunque offensivo dar del figlio ’e ’ntrocchia a qualcuno, stante il significato della medesima parola.
E veniamo alla sua etimologia perché, per figlio, nulla quaestio.
Ho sentito dire, e addirittura letto con raccapriccio, che l’espressione deriverebbe da un latino intra oculos (?), nella pretesa che ’o figlio ’e ’ntrocchia è quello capace di farti qualcosa negli occhi, senza che tu te ne possa accorgere. Orbene, anche ammettendo che egli possa agire in tal guisa, ciò che non regge è il mettere in rapporto la parola ’ntrocchia con l’espressione intra oculos e per un chiaro motivo logico: è il figlio della ’ntrocchia che — secondo la pretesa etimologia — dovrebbe agire con repentina destrezza, non la ’ntrocchia stessa.
A noi interessa, invece, sapere da dove derivi la parola ’ntrocchia, per cui penso che debba scartarsi tale ipotesi, parecchio fantasiosa, e non supportata da alcun puntello più o meno scientifico. Ugualmente penso sia da scartare quanto proposto dall’amico avv.to Renato De Falco, che congettura per figlio ’e ’ntrocchia un ragazzo concepito ’int’ ’a rocchia, vale a dire da “una cooperativa di padri”. Il problema è sempre il medesimo: a noi non interessa cosa faccia o come e da chi sia stato generato il figlio ’e ’ntrocchia, bensì chi sia la ’ntrocchia.
Posto dunque che quest’ultima sta per zoccola seu puttana, occorre verificare se vi siano seri aggangi ad altri lemmi che abbiano simile significato e perché l’uno sia riconducibile all’altro.
Reputo che la strada più plausibile per giungere a ’ntrocchia nel significato di puttana sia quella che prende l’avvio da un antico latino: antorca(m) (fiaccola) e il suo dimunitivo antorcula(m) plasmato a sua volta su di un in torculum (in giro) ed in effetti la meretrice svolgeva e svolge il suo mestiere in giro, magari illuminando il suo posto di lavoro, temporibus illis con fiaccole, oggi con falò. Da antorcula per metatesi interna si ottiene antrocla; normale poi il passaggio di ‘cl’ in ‘cchi’ — come macula(m) divenuto macchia, etc. Da antorchia per aferesi e metatesi interna si va a ’ntrocchia. Ed il gioco è fatto. A mio avviso: chesta è ’a zita e se chiamma Sabbella.